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Rovereto, 2 gennaio 2004 La vita di ogni giorno vissuta senza occhi per guardare il mondo è un’esperienza difficile da trasmettere nella sua autenticità. L’idea di avvolgere nelle tenebre i visitatori della mostra «Dialogo nel buio» (in corso al Mart di Rovereto) e di accompagnarli in piccoli gruppi lungo le strade di un allestimento ricco di stimoli sensitivi ha prodotto in molti ospiti un’esperienza che invita ad uscire dalla retorica della compassione e ad entrare nel campo della riflessione politica. All’inizio del percorso il viaggiatore avanza lentamente sui tratti di un itinerario continuamente deviato da spigoli, angoli e reti. Se vuole procedere è obbligato a tastare superfici ed oggetti, a spalancare le orecchie invase da rumori e voci. Deve decidere, ed in fretta, se fidarsi o no di se stesso, della guida non vedente cui è affidato il gruppo, dei compagni di viaggio di cui non conosce le fattezze. Succede qualcosa. Partono i richiami: «Dove sei?». Giungono le risposte: «Io sono qui». Ti aspetto. Non ho fretta. Non so che volto tu abbia, perché sento solo la tua voce; ascoltami, ho già attraversato una strada, c’è uno scalino, stai attento. Le persone entrate nel buio condividono un limite sensoriale, ma per affrontare questa esperienza si fanno gruppo e mettono in comune le proprie risorse. Chi ha equilibrio, senso dell’orientamento o capacità percettive più sottili le mette a disposizione per procedere con gli altri, di cui ora sente di non poter fare a meno. Penso allora alle riflessioni di molti autorevoli rappresentanti della società civile - ricercatori, giornalisti, imprenditori - che si concludono in queste settimane con la segnalazione di un rischio per il Trentino. Quello di chiudersi nel buio di un’orgogliosa autosufficienza, escludendo dal dialogo chiunque porti i segni della differenza, a partire da quella di pensiero e di progetto. Riappare la tentazione di un pensiero unico dominante che ispiri e guidi le azioni del governo provinciale. La pratica del dialogo e del confronto sembra indebolita da quello che può sembrare un dominio feudale delle risorse umane e materiali. La capacità di visione e di previsione sembra ottusa dalla sicurezza dei vincitori che dispongono del bottino e delle modalità della sua distribuzione. Ma la realtà sociale ed economica di questo inizio di secolo si presenta come un territorio in parte sconosciuto, attraversato da corpi indeboliti, volti alieni, suoni inquietanti. Esso ci invita a percorrerlo ascoltando altri segnali, altre voci: ci spinge a difendere l’umanità di chi chiede: «Dove sei?», rispondendo «Io sono qui. Per te». Il Trentino vuole vivere con gusto e sicurezza, vuole fare progetto d’impresa e fare cultura, ma deve attraversare un tempo della storia che è inquieto ed inquietante: camminerà senza paura verso il futuro se consoliderà i legami con la società civile, se ascolterà ciò che dicono - e si dicono - i trentini nei loro dialoghi nel buio. Donata Loss |
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